Le opere di #CatanzaroRubata devono essere lette su più piani, nell’analisi dell’opera avremo il piano immediato di lettura, quello della composizione, dell’accostamento artistico tra foto e pittura, andando più all’interno si andranno a leggere le parole chiave che si stagliano sull’opera; a parte quella in basso che da anche il nome all’opera, le altre fanno riferimento a una sfera emotiva personale o a un evento storico che viene commemorato.
Queste parole creano una storia, che si interfaccia con un brano musicale, infatti ogni opera è associata a un pezzo diverso. A corredo dell’opera ci sono i miei pensieri, che talvolta sono didascalici, raccontando ciò che è contenuto all’interno dell’opera, talvolta si possono associare a dei componimenti che non hanno la pretesa di essere poesia, ma la trascrizione del mio sentimento del momento.
Composizioni concettuali e surreali chi è Giurot?
Sono diventato Giurot, quasi per caso, circa dieci anni fa, quello che inizialmente era un nomignolo dato dalla semplice combinazione tra le iniziali del mio nome e del mio cognome, è diventata oggi la mia firma.
Sono nato a Catanzaro circa 25 anni fa, dopo studi classici, e il conservatorio, mi trasferisco prima a Roma e poi a Milano, ed è qui che Giurot prende il suo spazio nella vita quotidiana, dalla Calabria a Milano, quello che mi ha spinto a partire, è stata la mia voglia di rivalsa e di cambiamento, rispetto a una prospettiva che la mia terra non sembrava potermi dare. Ho vissuto e studiato il Design a Milano, dico vissuto perché è diventato il mio quotidiano, anche nei momenti liberi.
Questo deriva da una pseudo-deformazione che è seguita ai miei studi, ho notato che la curiosità, il modo di guardare è completamente cambiato; gli oggetti, gli spazi, il mondo si scompongono davanti ai miei occhi, e si ricompongono in altra forma nella mia mente, tento di capire come ciò che sto guardando era in origine, da dove potrebbe provenire, come si sta trasformando nel tempo, quali riferimenti riesco a cogliere, insomma una visione che mi permette di arrivare all’essenza delle cose.
Questa analisi, a cui non faccio più caso essendo diventata ormai prassi nel mio modo di vivere il mondo circostante, ovviamente si è riflessa nei miei progett (che si trattasse di grafica, o di altra disciplina affine).
La sperimentazione, e quello che io definisco, forse impropriamente, “sincretismo”, sono diventati il fulcro di tutto.
Parlo in maniera quasi “abusiva” di sincretismo, un sincretismo artistico, formale, tecnico-figurativo, che è per me alla base del concetto di progetto, la fusione tra i vari ambiti artistici, che si sintetizzano in un unico grande concetto, la musica, il prodotto industriale, l’arte, la fotografia.
Nel processo creativo, essere poliedrici, concepire un’idea utilizzando le proprie diverse attitudini permette di creare qualcosa che non rientri nelle canoniche categorie di progetto, e anche questo surrealismo che è elemento fondante di #CatanzaroRubata, deriva da questa strana fusione di elementi differenti, che non rispondendo a realtà, sembrano non avere immediatamente un senso, ma è un insieme che si rifà alla sfera irrazionale, onirica e che prova ad arrivare a un livello più profondo della mente dello spettatore.
Come nasce la tua passione per l’arte?
L’Arte. Più che passione, talvolta penso a un’ossessione, considerando ovviamente “Arte” nel senso più largo del termine. Viviamo ogni giorno circondati dall’arte, sta a noi cercarla, è una costante ricerca quotidiana, dalla musica all’arte figurativa, ne siamo avvolti, dall’arte più povera a quella universalmente riconosciuta. Studiare l’arte, mi è servito per inquadrarla, per avere maggiori cognizioni e in questo momento storico si è riflessa, è entrata nelle mie opere, che hanno preso il bello del passato, anche quadri che portano in sé dei messaggi forti, figli del tempo della loro creazione ma sempre attuali.
Da cosa trai ispirazione?
La creazione di ogni opera è un processo uguale e diverso dagli altri, l’emotività è la componente principale, il progetto nella sua prima fase, è durato circa 60 giorni, con la creazione quotidiana di una nuova opera, giorni che hanno avuto alti e bassi, quindi tutte le opere sono anche riflessi della mia personalità.
La scelta dei temi e delle opere sono testimoni delle sensazioni che provavo giornalmente, questo lasciarsi trasportare all’interno delle opere, è stata la motivazione per cui non ho mai anticipato il lavoro per i giorni successivi.
Le ispirazioni poi sono le più varie, ci sono indubbiamente quadri che essendo stati concepiti in una particolare ricorrenza, portano al loro interno un messaggio per quel momento, ci sono poi opere ispirate all’ascolto di una canzone, che con il suo testo o le sue sonorità mi hanno suscitato una reazione che è sfociata nella scelta del quadro o della fotografia del passato, e mi ha permesso di attualizzarli.
Parlaci dell’accostamento “unico” delle tue opere
Gli accostamenti viaggiano su una sottile linea tra il voler accentuare il contrasto e tentare di fondere foto e opere d’arte, come se avessero sempre fatto parte di uno stesso mondo.
La distanza storica, tematica, anche emotiva che intercorre fra le opere scelte e la Catanzaro ritratta nelle mie opere, è infatti talvolta esasperata, talvolta ridimensionata, ma di certo non c’è prevaricazione.
Catanzaro, la città, è protagonista assoluta, il messaggio che intendo veicolare è infatti quello di volere valorizzare un luogo in Calabria, in Italia, nel Mondo, che non deve essere considerata provincia di se stessa, elevarlo allo stato dell’arte, accompagnandolo nel percorso, facendomi aiutare dagli artisti che hanno dato senso al Bello. I personaggi e l’interazione che hanno con le case, i portoni, le chiese servono a rianimare e dare un nuovo volto alla mia città. Questa fusione io la definisco “Splendida Decadenza”, la decadenza come concetto in sé e per sé, potrebbe avere una connotazione negativa, parlo difatti di come l’incuria, il passare del tempo, l’assenza di persone, abbiano purtroppo portato Catanzaro allo stato attuale delle cose; con la mia visione personale, che è sempre stata reclusa nella mia mente e che ora, dopo anni, ho esplicitato, vorrei che lo Splendore che io vedo con i miei occhi, possa diventare lo sguardo della gente, per portarli a esplorare e ricominciare ad amare la propria città, magari vivendone una realtà completamente nuova.
Cosa pensi dell’attuale mercato dell’arte?
Il mercato dell’arte a oggi è diventato un mondo alla portata di tutti, mentre prima c’era probabilmente molta difficoltà nel “mettersi in mostra”, ora l’artista arriva ovunque, e i social sono diventati gallerie d’arte, tendenza che è fortunatamente in crescita, e anche la gente più restia alla frequentazione di musei o esposizioni d’arte, ha più possibilità di venire a contatto con questo mondo, nel caso di riproduzioni messe in vendita dall’artista può effettivamente procedere all’acquisto in maniera semplice, magari avendo un contatto direttamente con l’artista, un dialogo, durante il quale l’acquirente ha la possibilità di andare più a fondo e capire meglio l’opera.
Il movimento e la staticità cosa raccontano i tuoi “quadri”
In tutte le mie opere possiamo ritrovare questa unione antitetica tra la staticità data dalla fotografia di paesaggio e architettonica, e dal dinamismo delle opere d’arte. Talvolta ho voluto inserire, al contrario, una staticità totale, la figura del mondo dell’arte sta lì, al centro dell’opera, interagendo silente con lo spazio circostante, questo immobilismo ha in sé un significato più profondo, perché trasmette inevitabilmente sensazioni contrastanti, ho voluto giocare un pò con questa realtà, quasi a voler bloccare un momento, inquadrare un attimo, come se il personaggio stesse quasi esitando a compiere un’azione piuttosto che essere solamente fermo.
L’opera alla quale se più legato
Ogni opera è un pezzo di me, in ognuna c’è un pò del mio vissuto, dovessi scegliere, forse protenderei verso “Schiavitù”, credo che al suo interno ci sia il vero significato del mio progetto; ci troviamo infatti in una stradina di Catanzaro, la sua parte più intima, come l’intimità di questa scena rubata, un donna che ha fatto cadere la sua veste, e come per un moto di vergogna ci da le spalle, mentre un’altra donna assiste silenziosa, seduta in un angolo. Su un muro, quasi come fosse un murales (o un affresco), le tre grazie della Primavera del Botticelli, sono lì a portarci in una dimensione un pò spensierata, sembrano quasi disinteressate a ciò che sta succedendo, in contrasto con questa “invasione”, questo furto della privacy di una persona.
Progetti futuri
Nel prossimo futuro c’è la volontà di portar via dall’etere il progetto, per trasferirlo in una dimensione fisica, che vada a comunicare direttamente con i luoghi che vi sono ritratti, perché la gente interagisca in maniera diversa con la città e con le opere stesse, nella speranza di vivere l’arte, di respirare aria nuova, riscoprendo la bellezza di un tempo passato in quella “Splendida Decadenza”